La stagione 2020 di black mirror

Stiamo vivendo in una nuova stagione di Black Mirror che non è mai stato girata e con il concept ribaltato. In questa stagione 2020 il digitale non è la causa scatenante la distopia, ma l’unica ancora di salvezza che consente di rimanere umani, pur in remoto.

Nel primo episodio una maestra entra in aula. C’è la lavagna, i banchi, ma non i bambini. Accende lo smartphone, cerca di capire come registrare un video perché non l’ha mai fatto. Si sente strana ma non importa, perché quello è l’unico modo. Registra la lezione sul congiuntivo e la mette su YouTube per i suoi allievi della 4B.

Non ha ben capito la questione dei video non in lista, quindi alla fine quel video lo vedono tutti.

E fu così che gli italiani impararono ad usare i verbi corretti.

Nel secondo episodio un fruttivendolo bussa alla porta. Posa le fragole vicino all’ingresso e si allontana di colpo. Tanto non serve nemmeno sfiorarsi: i pagamenti mobile sono sicuri, anche con il covid in circolazione.

Nel terzo episodio una tizia stende il tappetino, toglie i calzini e fissa il cellulare sul treppiede. L’unica cosa che manca rispetto ad un mese prima sono i 30 gradi della stanza di hot yoga. Ma quelli volendo si simulano facili anche a casa. Quello che è più importante è lo sguardo attendo dell’insegnante, che anche attraverso lo schermo ti vede, anzi è ancora più facile che ti chiami per nome.

Finita qui la stazione, ma quello che rimane è la domanda esistenziale: perché è dovuta arrivare una quarantena, un virus dalla Cina, una pandemia sanitaria e una depressione economica, per portare le persone a fare passi così semplici come una videolezione, un pagamento digitale e lo yoga in streaming?

Perché le abitudini sono difficili da cambiare: ci vuole o forza di volontà e un po’ di visione o uno shock senza pari.

Ora che lo shock volenti o nolenti ci è toccato, rimane una sola cosa da sanare, oltre l’aria che respiriamo e la nostra economia: il gap di chi la lezione non l’ha vista perché l’Internet in casa non arrivava; il gap di tutte quelle istituzioni basate su contanti, carte e scontrini che ora non sanno da dove cominciare per digitalizzarsi; il gap di chi non lo immaginava nemmeno che in streaming si poteva fare yoga perché nei gruppi di pastafariani non si parla di altro che di pastafarianesimo.

Questo e molto altro

Ho scritto questo snack racconto una sera dopo che Alice Avallone mi aveva invitata a partecipare ad un ebook collettivo in cui raccontare il futuro post covid. Ne è uscito questo mosaico di visioni, con amici, conoscenti e miti. Il mio breve racconto ha una versione esplosa che ho deciso di condividere versione integrale nel mio blog.

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