I 5 hack che mi sono portata a casa dal Growth Hacking Day di Milano

Nel growth hacking “il focus prima di tutto”

Lo dice David Khim di Hubspot innanzitutto al mio smartphone. Che nel non riuscire a mettere a fuoco l’obiettivo a cui puntavo rappresenta molto bene una delle difficoltà con cui si scontra chi vuole fare growth hacking.

Perché il growth hacking è un approccio al marketing basato su sperimentazione e analisi dei dati che si caratterizza per:

  1. un mindset aperto al rischio
  2. il focus, anche per un periodo breve, su un’ipotesi da testare
  3. la capacità (e volontà) di guardare i dati
  4. creatività

Solo con un po’ di creatività è possibile immaginare attraverso quali canali (non ancora saturi di messaggi) e con quali contenuti è possibile catturare l’attenzione del pubblico di interesse.

Solo testando è possibile capire se un prodotto/servizio risponde ad un bisogno e se è stato identificato il canale giusto per raggiungerlo.

Il risultato del test sono dati quantitativi (misurazione delle KPI raggiunte) e qualitativi (impressioni, feedback, critiche, apprezzamenti) che consentono di migliorare sia la comunicazione sia il prodotto/servizio stesso.

Di questo tema si è parlato al Growth Hacking che si è svolto a Milano il 28 Maggio, da cui mi sono portata a casa alcuni hack e una conferma (vedi ultimo hack).

 

Hack N. 1 by Josh Fechter

Lo sapevate che da LinkedIn andando su Privacy è possibile scaricare tutti gli indirizzi email dei propri contatti?

Beh, grazie a questo, chi è interessato al marketing B2B, una strategia interessante può essere creare Ads Facebook rivolte a custom audience derivate da indirizzi email dei contatti LinkedIn. (Per il pubblico europeo, aggiungerei: GDPR permettendo).

 

Hack N. 2 by Luca Barboni

Il lancio di un brand o un prodotto non ancora testato può essere rischioso. Luca Barboni per lanciare la sua agenzia di consulenza specializzata in Growth Hacking non ha creato un brand ne’ usato la sua reputazione. Al contrario, ha costruito il personal brand del suo socio attraverso LinkedIn, dove ha applicato due hack:

  • strategia del caveau: mettere a disposizione per un breve lasso di tempo l’accesso alle risorse di uno specifico tema per acquisire contatti.
  • broetry: scrivere post narrativi costruiti attraverso frasi brevi e separate da spazi. Nel mondo del growth hacking si parla di Broetry, e si dice che sia molto virale.

 

Hack N. 3 by Sujan Patel

Spendere 15 minuti alla settimana per identificare i power user del proprio servizio e altri 15 minuti per parlare con lor.

Tutte le volte che un utente è soddisfatto chiedergli: c’è qualcuno che vorresti rendere felice condividendo questa tua esperienza?

Hack N. 4 Guk Kim

LOOK ELSEWHERE! Ovvero guarda altrove! Significa guardare a cosa fanno altri operatore del settore, ma anche in settore diversi. Ma soprattutto non fermarsi ai soliti canali noti perché quelli sono ormai già saturi.

In un contesto mediale sempre più saturo e dinamico, è fondamentale seguire gli spostamenti dei pubblici di interesse per capire dove si informano e quali “ambienti” abitano. Diventa così possibile attivare strategie di Word of Mouth come il content marketing a partire dal quale attivare referral program, influencer marketing, social seeding e sviluppo partnership.

Guk Kim al Growth Hacking Day di Milano

Hack N. 5 by Alessia Camera

Il growth hacking non vive di soli hack, ne’ di soli tool quantitativi.

I tool possono essere molti utili:

  • per l’analisi dei competitor (SpyFu, SimilarWeb, Ahrefs)
  • per i test e l’analisi delle conversioni (Mixpanel e Google Optimize).

Secondo Alessia Camera, prima di pensare a scalare, è importante migliorare il prodotto… testandolo qualitativamente con i primi utenti per capire i loro bisogni.

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