Derrick de Kerckhove mi addita come una screenager. Magari!
Se così fosse saprei gestire senza attacchi di panico da overload informativo il mio rapporto con la memoria esterna alla mia mente [deKercove: l’overload è un problema soprattutto per i migranti]. Saprei inseguire senza affanno l’informazione ipertestuale per restrutturarla in nuovi discorsi [deKercove propone di ripensare (rivalutare) il cut and paste di conoscenza wikipediana all’interno del processo educativo].
Ma tant è. Tantetà. Tanta età è, la mia, che certo non posso essere che una migrante al digitale.
Perchè la mia alfabetizzazione ipertestuale è avvenuta in età adolescenziale. E la forma libro, rimane il mio spazio nativo. Per quelli che nativi del digitale lo sono per concessione anagrafica, invece, ci si domanda: quale educazione?
de Kerckhove auspica una rivoluzione pedagogica che metta in atto – all’interno delle sedi di sviluppo e diffusione della conoscenza – la teoria dell’intelligenza connettiva, che spera (essere) e spara (imperativi):
! pensare ipertestualmente e folksonomicamente !
! sviluppare comunità di interesse !
! fondere apprendimento & pratica!
! diffondere la conoscenza dal bottom up !
! condividere !
e allora forse non è più tanto importante domandare un’autorevole top che selezioni per il down
ma piuttosto chiedere il riconoscimento dell’autorevolezza del down (condiviso) che diffonda all’everyone
[grazie federica]
[resoconto di La creatività come processo di rete. Inconstro con Derrick de Kerckhove. Palazzo Nuovo:Torino, 30 Maggio 2008]
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