J.J. Abrams. Non Lost. Credo che l’agente mitogeno [cit: Lorenzo] di questi anni non sia un prodotto televisivo, ma un un produttore televisivo.
IL produttore televisivo nell’era della complexTv. Mentre nei 90s Aaron Spelling e Darren Star furoni I produttori televisivi della dramaTV (il primo per il teen target, il secondo per le chick), nei 00s non ci sono parimeriti. Prima e dopo JJ il nulla.
Ma da dove comincia JJ a seminare viralmente la sua genialità produttiva? Da Felicity. Un teen-drama. Certo: erano i 90s ed era l’epoca dei drama. JJ aveva 32 anni: epoca adeguata a ripensare alla propria adolescienza e a proiettarla in un paio di personaggi di un serial tv.
Nascono così Noel Crane [Scott Foley] e Sean Blumberg [Greg Grunberg, che compare nel pilota di lost come pilota morto in pochi secondi].
Noel, innanzitutto: ritratto di un geek ante-litteram -quando ancora si parlava di nerd- in posizione scomoda in un triangolo amoroso in cui Felicity sembra sia più comoda con Ben.
E poi Sean, inventore incompreso, che ha del nerdismo l’essere incompreso.
E questo naturalmente pertiene al drama.
Ma cosa c’è del genio JJ in Felicity?
Bhe:
- l’uso degli strumenti di audio-video registrazione come tecnologie di confessione (il registratore a cui Felicity si confessa e le riprese video che cominciano a diventare sempre più assidue dalla terza stagione).
- una puntata semi-sci-fi che gioca con il salto nel tempo, la follia, il bivio narrativo-esistenziale.
- ma soprattutto: una puntata totalmente surreale ambientata nella scatola di Megan. Una scatola che compare dalle prime puntata e che rimane un indizio inesploso/inesplorato fino ad un salto nel tempo (gli anni 50 in b/n) e in un’altra dimensione (la scatola): da rivedere.
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