Case History presentato alla II Summer School – Qualità della televisione: immaginario, immagini e media – Dalle categorie dell’immaginario alla loro sedimentazione in repertori televisivi. 18 Settembre 2010, Torino.
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Abstract
Glee è stata la serie Tv di maggior successo dell’anno 2009/2010. Oltre ad aver raggiunto elevati indici di ascolto sia negli Stati Uniti sia in Italia ed aver vinto numerosi premi, ha infatti davo vita ad una cultura di fan transnazionale: i gLeeks. Glee è dunque un caso di “Tv di qualità” che sfrutta le dinamiche partecipative della “cultura convergente” per dare vita ad un’“economia affettiva” (Jenkins, 2006). Da un lato gli spettatori partecipativi, ovvero i fan, sono un mercato interessante in quanto predisposti alla visione ripetuta, all’acquisto di prodotti correlati e alla promozione della serie stessa (“grassroot marketing”). Tuttavia essi sono anche attivi nella rielaborazione dei contenuti mediali. In particolare, utilizzando le opportunità dei social media e delle tecnologie digitali essi selezionano, ri-distribuiscono e remixano i contenuti massmediali, dando vita a “performance spettatoriali” che sono a loro volta fruite dagli spettatori stessi (Hills, 2000). L’immaginario televisivo nella cultura convergente è dunque il risultato di un processo di co-creazione da parte di professionisti e pubblici. Per indagare il fenomeno Glee ho dunque scelto di estendere l’analisi oltre il “testo primario” (le 22 puntate della prima stagione), per includere i “testi secondari” (materiali promozionali distribuiti nei social media e prodotti ed eventi branded) e “terziari” (fanart, fanvid, podcast e discussioni online prodotte da fan americani e italiani).
Glee utilizza l’ironia per reinterpretare gli stereotipi delle produzioni cine-televisive rivolte agli adolescenti (teen drama) (Shary, 2002; Sharon e Stein 2008). In Glee il punto di vista è infatti quello di un gruppo di “perdenti” (Losers) che fanno parte di un gruppo di canto corale (Glee club) e che riescono ad ottenere la loro rivalsa grazie al talento performativo. I protagonisti, inizialmente rappresentati attraverso stereotipi di “diversità” (l’omosessuale, il portatore di handicap, …), grazie alle performance canore si esprimono creativamente e acquisiscono autodeterminazione. Mettendo in scena le vicende emotive e performative di un gruppo di adolescenti, il testo primario stimola l’identificazione da parte del pubblico giovanile, per il quale la musica è un fattore rilevante di costruzione identitaria e di socializzazione. I testi secondari propongono invece occasioni performative e forniscono il materiale iconografico predisposto ad una rielaborazione, fungendo da “chiamata all’azione” (call to action) (Giovagnoli, 2005). Le performance musicali messe in scena nella fiction, a loro volta cover di canzoni pop di successo, sono ri-performate dagli attori durante i tour musicali, da ballerini e comuni cittadini durante i flashmob, e dai fan nei siti di video sharing come YouTube. I gLeeks si appropriano quindi dell’immaginario narrativo e visuale della serie per dare vita a forme di creatività audiovisiva utilizzate come occasione di incontro tra fan, di autorappresentazione nei social network generalisti come Facebook e di creatività amatoriale in portali specializzati come deviantArt. I fan, identificandosi con i protagonisti del teen drama, sono stimolati ad esprimere essi stessi il proprio talento e la propria identità attraverso la musica, ma anche attraverso la creatività audiovisiva. Sfruttando le opportunità dei social media, i fan diventano così soggetti attivi nella co-creazione dell’immaginario seriale, contribuendo, al contempo, alla promozione del brand mediale.
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