Alessio Giannone e il suo fake, Pinuccio
C’è chi parte dalla satira per darsi alla politica e chi parte dalla politica ma poi decide di darsi alla satira. Il primo potete indovinarlo voi, il secondo ve lo dico io: si chiama Alessio Giannone, in arte Pinuccio. Alessio è venuto a trovarci al corso di Comunicazione ICT e Media, per la puntata pilota di Live da Torino, una serie di eventi nei quali assieme al blog Fuori dal Funnel intervisteremo personaggi del web.
Durante l’evento abbiamo scoperto che Pinuccio non è proprio il nome d’arte, ma un personaggio fittizio; un vero e proprio fake. Che consente ad Alessio di stare sui social senza metterci la sua vita privata ma solo il suo pensiero pubblico e osservare gli altri, guardare attraverso la finestra del web i cambiamenti sociali in divenire. Attraverso Pinuccio, Alessio può fare satira e dire quello che normalmente non potrebbe, tanto dei famosi quanto del popolo della rete.
Dalle telefonate di Pinuccio al libro TrumpAdvisor
Il personaggio di Pinuccio è nato nel 2011, su YouTube, con un format ben preciso: le telefonate ai politici o VIP di altro tipo, escamotage attraverso cui Alessio discute i fatti di attualità.
Dopo i social c’è stato il libro, TrumpAdvisor: un viaggio nella Puglia abitata per la durata di un’estate da potenti di tutto il mondo e di tutti i tipi. Potenti che si rivolgono a Pinuccio per organizzare le proprie vacanze e che nel frattempo si raccontano sui gruppi WhatsApp. TrumpAdvisor è una guida di viaggio alternativa nel sud Italia e, allo stesso tempo, un libro di satira politica. Non mi sbilancio a definirlo letteratura per rispetto dei parenti di Pinuccio, perché so che qualcuno di loro non la prenderebbe bene. Più semplicemente lo definirei un libro pop. Come tutta la comunicazione di Pinuccio.
La comunicazione pop è quella che arriva a tutti
Alessio in Live da Torino ci ha raccontato l’etica dietro alla sua estetica, pop appunto. Ci ha parlato del suo bisogno di comunicare con un linguaggio che arriva a tutti. Di costruire un percorso pedagogico attraverso format diversi, da #spiegatofacilefacile ai video che traducono in un linguaggio più accessibile alcuni concetti di attualità sviluppati in blog di economia come I diavoli.
L’idea di fondo è che se la comunicazione non funziona, non sempre è perché il pubblico non capisce; molto spesso è perché chi comunica non usa il linguaggio giusto, non si sforza di cercare di raggiungere la massa, i ragazzi più giovani.
Con il suo linguaggio pop e attraverso Pinuccio, Alessio vuole parlare agli adolescenti con il linguaggio che conoscono, per fare capire loro le dinamiche dei social. Ma vuole anche comunicare con gli adulti, con i cittadini ancora prima che con la politica, per fare sviluppare consapevolezza dei problemi sociali ed ambientali, ad esempio nel sud Italia. Per fare capire che il cambiamento comincia dalla consapevolezza che lo status quo può essere cambiato, non deve essere considerato la normalità e per questo accettata passivamente. Questo è il senso delle inchieste di Pinuccio per Striscia la notizia. Ma anche dello stesso libro TrumpAdvisor. Un racconto profondamente italiano, profondamente pugliese, che nel sud Italia innesta l’immaginario pop comopolita. Un romanzo glocale. Un romanzo pop.
Con un parolone che a Pinuccio di sicuro non piacerà, mi sbilancio a definirlo una forma di glocalismo pop. Studiando la fruizione dei contenuti stranieri da parte degli adolescenti americani Henry Jenkins ha parlato di cosmopolitismo pop. Con questo termine Jenkins voleva sottolineare come la fruizione di contenuti prodotti in altre nazioni (dalle anime giapponesi ai film bollywoodiani) consenta di avvicinarsi e conoscere culture distanti ed uscire più facilmente dal proprio provincialismo.
In un libro come TrumpAdvisor, l’immaginario pop internazionale fatto di personaggi (da Trump alla Merkel) e linguaggi (come quello dei gruppi di WhatsApp) familiari al pubblico generalista italiano sono utilizzati come lingua franca per avvicinare i lettori alle problematiche sociali che stanno molto più vicino, nel territorio, nella dimensione locale. Quella da cui nessuno di noi, nonostante tutto il social del mondo, può prescindere. La mia ipotesi è che la fruizione di contenuti che parlano del territorio, ci porti a guardarlo con occhi diversi; che vedere da distante le problematiche sociali che ci circondano, consenta di non darle per scontate e di metterle in discussione.
Cosa ne pensate, è azzardato? Ci sono esempi interessanti di contenuti / personaggi che giocano su meccanismi simili?
Prima di rispondere, guardate il video dell’evento, così avete il tempo per pensarci:
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